La mostra “L’immagine della fortuna. Le mille facce del maiale” , curata da Carlo Silvestrin autore anche del catalogo, presenta al pubblico una collezione privata di oggetti dedicata al maiale, una tra le più vaste e complete collezioni esistenti al mondo seconda, forse, solo a quella esistente a Stoccarda presso il Museo del Maiale.
Il lungimirante possessore di questa curiosa ed interessante collezione è un simpatico odontoiatra veneto che da oltre quarant’anni raccoglie oggetti che si rifanno al suino, provenienti da ogni parte del mondo.
La collezione raccoglie opere d’arte realizzate da grandi artisti contemporanei, quali ad esempio Rauschenberg, Nespolo, Cuoghi, Musante, Villeglè, Aubertin, Potenza, Chen Wenling ed altri ancora.
Accanto a queste opere, moltissimi gli oggetti d’uso comune come spazzole, piatti, bicchieri, giocattoli, soprammobili, libri, foto, gioielli, oggetti d’antiquariato e quant’altro si possa immaginare. Un percorso affascinante che partendo dai ricordi dell’infanzia, ci fa capire quale sia stata e quale sia ancora l’importanza di questo animale per la sopravvivenza dell’uomo, un viaggio alla riscoperta dei giochi
dell’infanzia e degli ornamenti preziosi che questo animale ha ispirato.
Colpisce il fatto che l’uomo abbia sentito la necessità di celebrare il maiale nelle più svariate forme, quasi ad esorcizzare un senso di colpa, un inconscio sentimento di “vicinanza” che si preferisce non far emergere, continuando a scindere l’immagine simpatica e gioiosa di un vivace porcellino, dalla crudele realtà dei processi produttivi a larga scala. Negli allevamenti di tipo intensivo i suini sono relegati in poco spazio, allontanati precocemente dal calore materno, castrati, privati della coda senza anestesia, ingrassati a forza, stipati nei camion per essere spediti ai mattatoi. Di questi luoghi la gente preferisce ignorare l’esistenza, eludendone la sottesa violenza e proteggendosi quindi dagli effetti destabilizzanti del provare empatia per le vittime del sistema; sono stabilimenti praticamente “invisibili”, nascosti cioè alla vista dei consumatori, ai quali pare invece più giusto far pervenire l’ingannevole messaggio della pubblicità, che affianca alle fettine di saporiti prosciutti l’immagine idilliaca di maialini teneri e felici.
Pochi sanno infatti che il maiale è un animale intelligente, sensibile e molto comunicativo, che è curioso, dotato di buona memoria, che adora giocare ed essere coccolato, che distingue oggetti e rumori, che ha capacità cognitive superiori a quelle di un cane e abilità nel gioco pari a quella di un bambino di tre anni, che un piccolo di poche settimane impara il suo nome e sa già rispondere al richiamo. Pochi sanno che i maiali, quando le loro esigenze naturali vengono annullate, sviluppano atteggiamenti nevrotici e arrivano a mutilarsi, nello stesso modo in cui reagiscono gli esseri umani che hanno affrontato la prigionia, l’isolamento e la tortura.
Una mostra che non finirà di stupire ma invoglierà i visitatori a saperne di più, magari decidendo di andare a trovare questo eclettico collezionista che volentieri apre le porte della sua casa, quasi fosse un museo, ai curiosi che decidono di fargli visita.
Accompagna la mostra il catalogo studiato dalla giovane designer Giada Chervatin con foto di Alessandra Toninello e la collaborazione di Marco Pittarello.
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